Quando vado all’estero, so già che dopo qualche giorno, dopo aver esaurito qualche curiosità iniziale, la nostalgia del cibo italiano mi porterà a cercare qualche insegna italiana nella speranza che si tratti di “italiani veri” o un pacco di pasta da cuocere in camera col bollitore del tè.

Non ho viaggiato moltissimo, ma un po’ sì, e non ho mai mangiato così bene fuori dall’Italia come in Armenia. Un paese in cui ho lasciato un pezzetto di cuore, per la bellezza, la semplicità, il calore della gente, la solitudine dei suoi monasteri, la storia sfortunata. In compenso ho riempito bene lo stomaco portando a casa gusti e sapori davvero memorabili.

Nel cuore del Caucaso, sospesa tra Asia e Europa, l’Armenia custodisce una delle tradizioni culinarie più antiche e affascinanti del mondo. La sua cucina è una sintesi di paesaggi e popoli: sapori robusti, ingredienti semplici, gesti rituali che parlano di ospitalità e memoria collettiva.

Il simbolo per eccellenza della cucina armena è il lavash, questo sottile pane piatto cotto sulle pareti di un forno di terracotta chiamato tonir. ci si incanta a vedere questi gesti antichi, queste teste che si tuffano nei forni indescenti, rapidi e precisi, per realizzare un pane leggero e croccante che accompagna un po’ di tutto. Non è solo alimento, ma parte integrante delle cerimonie familiari: in Armenia il lavash è considerato patrimonio immateriale dell’UNESCO, segno di condivisione e radici comuni.

Le spezie raccontano invece il legame con l’Oriente: coriandolo, sumac, menta secca, cumino e pepe nero accompagnano carne, verdure e legumi. I profumi si mescolano nei piatti di tutti i giorni, ma anche nei banchetti delle feste, dove la tavola è sempre un atto di generosità.

Oggi, nei caffè e nei ristoranti di Yerevan, una generazione di giovani chef reinterpretano ricette di tradizioni millenarie con tocchi moderni, con passione per gli ingredienti, con grande stile e verità.

Gli ingredienti buoni non mancano e nemmeno il vino che li accompagna.

La geografia ha modellato la cucina armena: tra le montagne si allevano ovini e bovini, mentre le valli fertili regalano albicocche, melograni e uva. Il khorovats, grigliata di carne marinata, è il piatto conviviale per eccellenza, preparato in occasione di ricorrenze e picnic domenicali.

Accanto ai piatti, il vino occupa un posto d’onore. L’Armenia vanta una delle più antiche tradizioni vinicole del mondo: nella grotta di Areni è stata scoperta una cantina di oltre seimila anni. I vitigni autoctoni, come l’Areni Noir, danno vita a vini dal carattere deciso e minerale. E per chiudere il pasto, immancabile il cognac armeno, apprezzato perfino da Churchill.

Fra le tante cene e pranzi buoni, persino quelli di uno splendido autogrill del cibo poco fuori da Yerevan verso il lago Sevan (mai visto tanto cibo di qualità in un autogrill), sento l’obbligo di segnalare quello che per me è rimasto il ristorante migliore di tutto il viaggio: Sherep, nel centro di Yerevan. La nostra guida ci dice che Sherep significa “mestolo” e che il posto è un po’ caro per loro. In effetti l’arredamento è di classe e anche il servizio, non si può certo definire un’osteria, ma l’ambiente risulta comunque caldo e accogliente, il servizio poco formale, il cibo meraviglioso. Come si dice nelle recensioni: “consigliatissimo”.

Lascia un commento